area grecanica di Calabria

area grecanica di Calabria

 

L’Area Grecanica della Calabria

L’area grecanica reggina amministrativamente comprende quei paesi collocati nella provincia di Reggio Calabria tra il territorio di Motta San Giovanni e quello di Brancaleone. La cosiddetta “Isola ellenofona”, ovvero quei paesi che hanno mantenuto vive con il trascorrere degli anni le loro antiche origini greche, si restringe ad un gruppetto di antichi borghi alle falde dell’ Aspromonte: Condofuri, Bova, Bova Marina, Pentadattilo Roghudi Roccaforte del Greco. I paesi hanno mantenute vive nel tempo le loro tradizioni, la loro cultura e l’antica lingua il Grecanico, a causa del loro isolamento dovuto in parte alle invasioni barbariche e in parte alle tante calamità naturali che si abbatterono su queste zone. Sono molte le testimonianze storiche della presenza e della coesistenza in questa area di culture diverse, e i vari popoli che si stanziarono in questi luoghi in quasi duemilaecinquecento anni di storia hanno lasciato segni ricchissimi nella cultura locale (artigianato, musica, ritualità, gastronomia)In questi ultimi anni, grazie all’impegno di alcuni studiosi locali e delle tante associazioni culturali presenti nel territorio, si sta lavorando per la salvezza della grecità calabrese e soprattutto della lingua grecanica che si è persa nel tempo a causa sia della grande emigrazione che ha colpito questi territori, e anche per il fatto che a causa di terremoti e alluvioni, e per motivi di lavoro, gli abitanti dei paesini montani si sono spostati tutti verso la marina, dove la lingua grecanica non si parlava perché considerata fattore di inferiorità e di ignoranza. Il borgo abbandonato di Pentedattilo, la roccia di arenaria con “cinque dita “ che si trova tra Melito di Porto Salvo e Montebello Jonico, al vespro assume una colorazione rossastra, sulla quale spiccano vecchie case come in un presepe di altri tempi. Bova e la costiera Bova Marina costituiscono la “bovesìa” : il centro della cultura greca dove si opera per la diffusione e la valorizzazione della cultura ellefona tramite molteplici iniziative. La “Riviera dei Gelsomini” che deve il suo nome alla coltivazione del gelsomino sin dal 1920, oltre alle sue fragranze offre riparo nel suo litorale incontaminato alle tartarughe marine caretta-caretta per la nidificazione. La natura qui regna in tutto il suo splendore: spiagge ampie e acque trasparenti fanno di questi luoghi veri e propri paradisi per i viaggiatori. Gli esploratori della “buona tavola”, nell’area grecanica troveranno ricche specialità tipiche che si rifanno ad una cucina contadina che mantiene salde le tradizioni magnogreche e bizantine come la lestopitta o il pane di farine di segale, ghianda e castagno, per citarne solo alcune. In origine questa fu la terra del vino, L’Enotria, e ancora oggi sopravvive in questa zona, il vitigno autoctono più antico d’europa.

 

2. Pentedattilo e Melito di Porto Salvo

Melito è un’importante cittadina dell’area grecanica, conta circa 11000 abitanti e il suo territorio degrada dalle pendici dell’ Aspromonte (che significa “candido, bianco” )fino al mare Jonio. La prima parte del nome, probabilmente di origine bizantina, si vuole collegata con la produzione del miele, ancora diffusa nella località; la seconda deriva da un approdo vicino al quale sorse , sin dall’alto Medioevo, un santuario in cui si conserva un’icona bizantina assai venerata nella provincia ( Madonna di Porto Salvo). Melito fu sino alla fine del secolo XVIII dipendenza della bizantina Pentedattilo e dopo il terremoto del 1783, sostituì anche amministrativamente il semidistrutto borgo per poi essere in parte ricostruita dopo il terremoto del 1908. Variegati sono i paesaggi che vanno da un territorio con caratteristiche collinari (mandorli, uliveti, fichi d’india e la splendida ginestra), a un mare azzurro e limpido con spiagge sabbiose, e le coste piene di agrumeti (risorsa principale, infatti, è la coltura del bergamotto), con il caratteristico odore della zagara, e le bianche fiumare. Nel contesto della storia nazionale Melito è ricordata soprattutto per i due sbarchi garibaldini del 1860 e del 1862. Per ricordare questi due eventi è stato realizzato la Tomba-Mausoleo Garibaldino sulla spiaggia di Rumbolo. Inoltre in località Annà si può visitare la Casina dei Mille che ospitò il generale nella notte del 19 agosto 1860, e sulla cui facciata è visibile la palla di cannone borbonico conficcatasi nella struttura muraria. A 7 km da Melito, verso l’interno sorge l’antico borgo di Pentedattilo (pente-dactylos = cinque dita) che prende il nome dalla roccia che lo sovrasta che ha proprio la forma di una grande mano ciclopica. Di Pentedattilo si hanno notizie sin dal 640 A.C. quando fu fondato dai Calcidesi e da quel periodo, divenne un centro alquanto fiorente fino al periodo romano, per poi subire un periodo di decadenza, durante il periodo bizantino, dovuto alle continue incursioni saracene. Considerato come uno tra i più pittoreschi e caratteristici centri della Calabria, Pentedattilo è denominato dai ruderi del Castello, dove, nella lontana notte di Pasqua del 1686, si consumò la cosiddetta Strage degli Alberti. Il Barone di Montebello Bernardino Abenavoli, furiosamente innamorato della Marchesina Antonietta Alberti, sorella di Lorenzo signore di Pentedattilo, dopo aver saputo del fidanzamento di lei col figlio del Vicerè di Spagna, perde il lume della ragione e organizza una squadra di “bravacci”, compra la complicità del servitore Scrufari che, la notte del 16 aprile 1686, apre le porte alla squadra punitiva. Ne segue una strage terribile: Bernardino rapisce Antonietta e, qualche giorno dopo la sposa, ma deve fuggire dalla squadra armata inviata da Reggio, I componenti della spedizione vengono tutti arrestati e decapitati, il matrimonio reso nullo. Le teste degli assassini restano a lungo esposte sui merli del castello, Bernardino non tornerà mai più e morirà in combattimento. La strage degli Alberti nel corso dei secoli ha dato origini a varie leggende e dicerie. Una di queste afferma che le torri in pietra che sovrastano il paese rappresentano le dita insanguinate della mano del barone Abenavoli ( per questo motivo Pentedattilo è stata più volte indicata come “la mano del diavolo”). Dopo un periodo di abbandono, oggi Pentedattilo rivive una nuova primavera, E’ possibile visitare le Chiese dei SS. Pietro e Paolo (con annessa la Tomba del Marchese Alberti), e della Candelora.

3. Bagaladi e 4. San Lorenzo

Centro montano dell’ Area Grecanica meglio conservato, è una delle porte d’ accesso del Parco Nazionale dell’ Aspromonte. Bagaladi, situato ai piedi del monte Pezzi e sul fianco destro della fiumara del Tuccio a 450m s.l.m., appare con la denominazione “Tuccio” all’epoca del Conte Ruggero in documento relativo alle concessioni fatte al Monastero di Sant’Angelo. In documenti del 1275 viene citato come “Val di Tuccio”. Gli storici locali avanzano l’ipotesi che il centro sia stato fondato dopo il X secolo: Valle Tuccio, ospitava numerosi Monasteri Basiliani: la Badìa di San Teodoro, il Monastero di sant’ Angelo, ed ancora San Fantino e San Michele. Sull’origine del nome vi sono pareri discordi: alcuni storici lo fanno derivare dall’arabo “Baha-Allah”(Bellezza che viene da Dio), altri lo riferiscono alla notevole produzione olearia “Bag”, dal latino Vallum Val e “aladi” (olio in greco-moderno), valle dell’olio. Da visitare la chiesa della SS. Annunziata, con il gruppo Marmorio dell’Annunciazione, opera di Antonello Gaggini, i cenobi basiliani della Valle del Tuccio, i famosi mulini ad acqua, i frantoi ed il Museo dell’olio d’oliva. San Lorenzo (787m.s.l.m.) tra la fiumara di Melito e quella dell’Amendolea fu edificato attorno ad un antico convento Basiliano di cui ancora oggi si possono visitare i ruderi, fu fondato dalle popolazioni della Marina per sfuggire alle numerose incursioni piratesche. Entrando nel paese, in Piazza Regina Margherita, si trova un Olmo antico con la base in pietra locale. Da visitare la chiesa di San Lorenzo con la statua marmoria della Madonna della Neve del XVI secolo e la statua lignea di San Lorenzo del 700, la chiesa di San Pantaleone nell’omonima frazione, il Castello dei Baroni della fine del 700, il santuario della Maria SS. Assunta della Cappella, costruito nel XVII secolo e che conserva una icona della Madonna Nera risalente al XII secolo.

5. Condofuri, Gallicianò e Amendolea

Condofuri è un centro della grecanita calabrese, e si delinea in alcuni centri abitati ognuno con le proprie caratteristiche. La sua fondazione viene fatta risalire al VI secolo D.C.; durante la colonizzazione bizzantina, e sembra sia sorto sul sito della vecchia “Peripoli” un’antica e gloriosa colonia locrese. Il nome Condofuri etimologicamente proviene dal greco Konta Korion, che significa vicino al paese. Condofuri superiore che era in passato il centro più popolato, mantiene ancora la sede municipale, ma negli ultimi anni si è spopolato a favore della frazione Marina, anche a causa di alcune catastrofi naturali come il terremoto del 1908 e l’alluvione del 1953. La frazione Marina è posta sulla costa ionica a circa 35km da Reggio Calabria, è la più popolata e presenta varie strutture turistiche stagionali, con una bellissima spiaggia e un limpido mare che attirano nei mesi estivi molti turisti e visitatori. Particolare interesse destano i piccoli borghi dell’Amendolea che conserva ancora i ruderi del castello normanno e di antiche chiesette bizantine, e di Gallicianò antico baluardo della cultura grecanica, di tradizioni antichissime. Qui si parla ancora l’antica lingua grecanica, da visitare la chiesa cattolica di San Giovanni Battista, il piccolo tempio di Santa Maria della Grecia, in cui i monaci bizantini praticano ancora il rito ortodosso, l’ex Palazzo Municipale, le maschere apotropaiche, il bellissimo Museo di cultura contadina, la Fontana dell’amore ed il teatro.

9.Roghudi e 6. Roccaforte del Greco

Il termine Roghudi deriva dal greco Richudi e significa “Rupestre” in ricordo del luogho. La vecchia Roghudi sorge su uno sperone roccioso sopra la fiumara Amendolea. Tutto l’abitato è in posizione precaria con le case edificate sull’orlo di precipizi, sovrastato dalle grandi masse del Monte Cavallo con 1331 metri di altezza. Qui, già a quattro anni si incominciava ad apprendere l’arte della pastorizia e dell’agricoltura e si parlava il grecanico. Sulla strada per Roghudi si possono ammirare due formazioni geologiche naturali: La Rocca del drago e le Caldaie del latte che, secondo la leggenda, servivano al nutrimento del drago, custode di un tesoro. A poca distanza da Roghudi Vecchio si trovano le cascate di Puzzerrarti e bellissime pozze d’acqua cristallina dove è possibile nei mesi estivi fare il bagno. A seguito di due fortissime alluvioni avvenute nell’ottobre 1971 e gennaio 1973, l’abitato fu dichiarato totalmente inagibile e proprio per questo fu spostato in un nuovo territorio in prossimità della costa jonica, alla periferia di Melito di Porto Salvo, con il nome di Roghudi Nuovo. Roccaforte del Greco, posto su un monte alto 935 metri e anticamente chiamato appunto Vunì (monte), uno dei comuni che rappresenta la comunità dei greci in Calabria e dove ancora si può sentire il suono dell’antico idioma. Nel centro cittadino è possibile individuare l’antico nucleo abitativo con piccole e semplici case, e la chiesa di San Rocco, restaurata da qualche anno, dove si conserva una statua del XV secolo della Madonna con Bambino. Nelle vicinanze in località Chorio di Roccaforte è possibile ammirare la chiesetta Bizantina della famiglia Tripepi eretta intorno alla seconda metà del 1700.

 

8.Bova e 7. Bova Marina

Il suggestivo Centro storico di Bova (in greco Vuà), gioiello dell’ Area Grecanica è il centro morale dei grecanici di Calabria. Secondo la leggenda, una regina armena, avrebbe guidato le sue genti sul monte Vùa, dal nome latinizzato Bova, detto cosi perchè luogo adatto al ricovero dei buoi. Bova ha origini antichissime, certamente anteriori alla fondazione di Roma, essendo abitata da marinai e commercianti trasferitosi in un secondo momento sul monte per l’ insicurezza della costa. A distanza di parecchi secoli, l’acropoli da questi fondata, fu modificata dai Normanni in castello fortificato che successivamente servì da sicuro rifugio alla popolazione incalzata dalle incursioni saracene. La storia di Bova è collegata alla fede cristiana, infatti, è una delle prime Città calabresi ad essere stata convertita al Cristianesimo ad opera di Suera consacrato vescovo, intorno all’anno X d.C. da S.di Nicea, primo Vescovo di Reggio ordinato da San Paolo. Nella diocesi di Bova fu conservata per lungo tempo la celebrazione delle funzioni in “rito greco”, tant’è che Bova fu l’ ultima Diocesi a subire la soppressione di tale rito nel 1512 ad opera del Vescovo Stauriano. Da vedere i ruderi del Castello Normanno, la Cattedrale, le numerose chiese, i palazzi Nesci e Mesiani. Scendendo verso il mare si raggiunge Bova Marina, Jalò tu Vua, adagiata sul lembo di mare che, da Melito Porto Salvo a Capo Spartivento, costituisce la costa più meridionale dell’ Italia. La sua storia è strettamente connessa con quella di Bova, dalla quale ha origine intorno alla metà dell’800, per iniziativa dei vescovi mons V. Rozzolino e mons. D.D’ Andrea. Si sono sovrapposti, nel corso della storia molti insediamenti: protostorici, greci, romani e bizantini. Da visitare il bellissimo promontorio della Madonna del mare e i recentissimi scavi archeologici che hanno dato alla luce la seconda più antica Sinagoga dell’ occidente dopo quella di Ostia. Questi resti, oggi, fanno parte del parco archeologico Archeoderi.

 

10. Palizzi e Pietrapennata

Percorrendo la statale 106, verso Reggio Calabria si incontra Palizzi Marina, che si estende sul mar Ionio con una spiaggia di circa 7km. Oltre alla Torre Palizzi o Mozza, costruita nel 1595, Palizzi Marina presenta un’area di grandissimo interesse archeologico con i resti di una villa Romana del IV secolo A.C.. Da Palizzi Marina si può risalire verso le colline sovrastanti e percorrendo 11km si giunge a Palizzi (272m s.l.m.). Il paese, abitato certamente in età medievale si presenta come un centro urbano quasi incontaminato, sovrastato da una gigantesca rocca dove sorge il castello ancora discretamente conservato. Immerse nel centro abitato, si trovano la chiesa Protopapale di S. Anna, la principale chiesa della terra di Palizzi, la chiesa della Madonna del Carmine extra moenia, fondata del 1973, la chiesa di San Sebastiano, la chiesa di San Francesco e la chiesa del SS. Redentore. Percorrendo 9km ancora verso le montagne, in direzione Nord-Est vi è la frazione Pietropennata (m 673), piccolo paese incassonato in pieno paesaggio montano. Qui in contrada Alica, si trovano i resti dell’antica Abbazia Basiliana di Santa Maria della Lica o di Alìca. Il nome Alica deriva probabilmente dalla presenza nella zona di un tempio dedicato ad Apollo Licio che i Basiliani trasformarono in Abbazia. All’interno della chiesa è custodita una statua di pregevole fattura a mezzo busto della Madonna della Alica sicuramente cinquecentesca ed una campana datata 1626.

 

11. Brancaleone 12. Staiti

Brancaleone Marina sorto sul luogo dell’antica Sperlonga, è noto per avere ospitato lo scrittore Cesare Pavese, che vi fu confinato nel 1935 durante la dittatura fascista. Negli anni più recenti è diventato un centro turistico balneare con ottime strutture ricettizie. Molto vicina all’abitato si trova Torre Sperlongara, costruzione difensiva sorta nel XV secolo su un luogo di sepoltura di epoca romana, utilizzata durante il dominio spagnolo dal Vicerè Don Fabrizio Pignatelli, che la incluse nel sistema difensivo costiero calabrese. Procedendo verso l’interno, a circa 1 km, si trova la strada che porta a Brancaleone Superiore (280m.s.l.m.), antico borgo arroccato in cima ad una rupe, che mostra i ruderi del suo castello ed i resti della chiesa dedicata alla Madonna dell’Annunziata. Nella zona più alta del borgo antico si trovano le grotte che un tempo furono abitate da eremiti, e che le diedero il nome di Sperlonga, Grotta in latino. Percorrendo, per circa 3km, in direzione Staiti, si giunge in contrada Batia, dove insistono i resti dell’Abbazia bizantino normanna del XI secolo di Santa Maria di Tridetti, per quasi un millennio centro di culto religioso e meta di pellegrinaggi popolari. Proseguendo verso l’interno si raggiunge Staiti (550 m.s.l.m.), piccolo centro storico a pianta medievale con le chiese di S. Maria della Vittoria, dove è custodita una Madonna con il Bambino datata 1652, e di Sant’Anna, fuori dall’abitato.

 

1. Montebello Jonico e Fossato Jonico

Probabilmente il territorio dove oggi sorge il paese, nei primi due secoli dellìanno 1000, faceva parte delle terre libere della Corona ed era aggregato al feudo di Motta San Niceto. Montebello rappresentò per lungo tempo una zona militare riservata. Le origini del nome derivano dal latino ”mons belluri” (monte di guerra). Nell’area ricadono numerosi siti di elevata valenza storica, naturalistica e ambientale come le Grotte della Làmia, (raggiungibili seguendo la strada Fossato-Campi di Embrisi), dal greco “lamyros”, ingordo, oppure “laimos”, gola. Secondo la mitologia, Lamia, figlia di Belo re dell’Egitto, amante di Zeus, dovette subire la gelosia di Era, moglie tradita la quale si vendicò sulla rivale uccidendole i figli, tranne Scilla, che diventò il mostro che presidia lo Stretto con Cariddi. Trasformata in un mostro anch’essa, Lamia si rifugiò in grotte e diventò assasina di giovani e bambini ai quali succhiava il sangue. Da qui il nome “grotta del vampiro”. Di notevole bellezza anche le Gole del S. Elia, il Sito geologico di S. Elena ed il Geosito con l’area archeologica di Prastarà (con reperti del III sec. A.C.); Da visitare la Chiesa Arcipretale Protopapale di Montebello J. (con sculture del Gagini), la Chiesa Dittereale di SS. Maria del Buon Consiglio in Fossato J. ( XVIII sec.); la Chiesa del S. Salvatore in Saline. Da segnalare anche le Rovine del castello baronale degli Abenavoli (XVII sec) da cui partì la spedizione che compì la Strage degli Alberti nella confinante Pentedattilo nonché l’area SIC del Pantano, vecchi trappeti e mulini ad acqua; Sono ancora in auge e fiorenti alcune tradizioni di antichissima origine quali, la Processione della Dormizione della Madre di Dio “Kimisis tis Theotòkou”, una festa antichissima e dai tratti fortemente orientali tanto da essere celebrata ( solo a Lungro e a Montebello Jonico) con la partecipazione della Chiesa cattolica di rito greco-bizantino.

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